27 Giugno

Giu 27, 2018 | Claret con te

«Dobbiamo fare […] le cose come chi serve Gesù Cristo e non gli uomini, e in questo modo le faremo bene, con buone maniere e con buona grazia. E, quando il prossimo ci chiede qualche servizio, anche allora dobbiamo vedere in lui Gesù Cristo, come san Pietro quando vide Gesù Cristo ai suoi piedi per lavarglieli, che, spaventato, disse: Domine, tu mihi lavas pedes?: “Signore, Voi lavate i piedi a me?”».
Lettera ascetica … al presidente di uno dei cori dell’Accademia di San Michele, Barcellona 1862, p. 15

VEDERE CRISTO NEL FRATELLO

Come si è comportato Gesù? Che cosa ci insegna con il suo modo di agire, nel suo rapporto con il prossimo? Gesù si pone davanti a ogni persona con lo stesso incondizionato amore di Dio. Ci insegna ad accogliere il prossimo semplicemente perché è figlio di Dio, al di là del suo aspetto o delle sue caratteristiche personali, della sua cultura, posizione sociale, religione o razza; si inizia a scoprire le sue necessità, si situa nel suo ambiente, e lo si fa sentire veramente persona, degno di essere amato. Al di là delle sue peculiarità, c’è in lui qualcosa di molto importante, decisivo: è figlio di Dio, e, quale padre non si sente grato verso chi fa un favore o presta un servizio a suo figlio?
È più facile dare che ricevere. Ricevere qualcosa da qualcuno ci pone davanti a lui come «povero», in condizioni di inferiorità. È sempre meno umiliante ricevere quando si può corrispondere con la stessa moneta. Ricevere senza poter offrire qualcosa di equivalente ci pone davanti al prossimo con lo stesso atteggiamento con cui dobbiamo presentarci davanti a Dio. L’atteggiamento adeguato davanti a Dio è quello del povero che chiede, perché mai potremo offrire nulla a Dio se non lo abbiamo prima ricevuto.
La provvidenza di Dio agisce attraverso le persone; quello che da esse riceviamo è anche dono di Dio. E tutti siamo strumenti di questa provvidenza. Dice Benedetto XVI che «chi è capace di aiutare riconosce che, proprio, allo stesso modo, anche lui è aiutato; il poter aiutare non è merito suo, né motivo di orgoglio. È grazia. Quanto più uno si sforza per gli altri, comprenderà meglio e farà sua la parola di Cristo “Siamo dei poveri servi” (Lc 17,10). In effetti, riconosce, che non agisce partendo da una superiorità o maggiore capacità personale, ma grazie al fatto che il Signore gli concede questo dono».
Sperimentiamo la gioia di dare e la gratitudine nel ricevere?
Riconosciamo i benefici ricevuti sia da Dio come dagli altri e condividiamo con generosità?

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