“Più collegialità e meno centralizzazione a Roma” il nuovo Motu Proprio di Papa Francesco

Feb 20, 2022 | Juridicum, Notizie ecclesiastiche

Roma, Italia. L’11 febbraio i giornali di tutto il mondo hanno fatto eco al Motu Proprio di Papa Francesco intitolato Fidem servare che riorganizza internamente la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF). Questa riorganizzazione comporta la creazione di una segreteria per ogni sezione (una dottrinale e una disciplinare), al fine di rispondere in modo più efficiente alla missione che le è stata affidata.

Tuttavia, poco si è parlato del Motu Proprio, emesso lo stesso giorno, dal titolo Competentias quasdam decernere che modifica alcune competenze che riguardano alcune disposizioni del Codice di Diritto Canonico e del Codice delle Chiese Orientali.

Per saperne di più, abbiamo consultato il P. José-Félix Valderrábano CMF.

Qual è la principale novità di questo Motu Proprio?

La prima novità è il riconoscimento dell’universalità e della pluralità della Chiesa, delle differenze che esistono in essa senza omologarle. Il ministero del Vescovo di Roma garantisce l’unità tra tutte le Chiese.

Il secondo è il decentramento che comporta la responsabilità che i vescovi e i superiori generali devono assumersi.

E il terzo è l’efficacia pastorale e di governo attraverso la vicinanza alle persone e la conoscenza di situazioni concrete.

In che modo influisce su di noi come Congregazione?

Il Motu Proprio contempla dieci punti. Alcuni di loro non ci riguardano. Ad esempio, la creazione di seminari interdiocesani, i curricula in essi basati sulle Rationes Institutionis della Congregazione per l’Educazione Cattolica, l’associazione delle vergini, l’ammissione del clero nelle associazioni pubbliche clericali, la pubblicazione di catechismi e la riduzione delle messe di pie fondazioni a causa della diminuzione dei rendimenti economici. In generale dove si dice che il CIVCSVA deve “approvare”, viene cambiato in “confermare”. Ci sono altri tre punti che hanno un impatto più diretto sulla nostra realtà.

L’articolo 5 proroga il termine per il quale un Governo Generale può concedere il permesso di esclusione. Questo va da 3 a 5 anni. Solo quando si vuole prolungare questo tempo ci si deve rivolgere alla Santa Sede.

La facoltà degli Istituti di diritto pontificio di dispensare dai voti un professo temporaneo è estesa nell’articolo 6 agli Istituti di diritto diocesano.

Con l’articolo 7, il decreto di espulsione di un professo perpetuo emanato dal Superiore Generale di un istituto religioso di diritto pontificio, con l’approvazione del suo Consiglio, entra in vigore dal momento in cui viene reso noto all’interessato. I prerequisiti, cioè le monizioni canoniche e il lasso di tempo tra di loro, rimangono. Nello stesso testo deve essere indicato che la parte interessata ha un termine di 10 giorni per impugnare tale decreto.

Il P. José-Félix Valderrábano CMF dal 2004 serve la Congregazione come Procuratore Generale e dal 2016 è il Superiore Locale della Comunità Generale dell’Istituto Giuridico di Roma.

 

(Articolo pubblicato da José Enrique García CMF)

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