14 Agosto

Ago 14, 2018 | Claret con te

«È cosa buona e lodevole soffrire le avversità di questa vita, qualunque esse siano, in modo che non si manifesti esteriormente alcuna agitazione dell’anima, né si affligga di più quello che le soffre, né si lamenti degli altri che lo fanno soffrire, né pretenda vendicarsi del delinquente. È meglio soffrire i mali non soltanto con mansuetudine esteriore, ma anche senza lamentarsi né mormorare dell’oppressore, senza indignarsi né turbarsi interiormente. È, finalmente, il meglio in sommo grado, soffrire i mali non soltanto senza turbamento dell’anima, ma anche con gioia e con il desiderio di soffrire di più, per poter così offrire in dono al Signore quella sofferenza, e per poterlo seguire più da vicino con la croce»
L’amante di Gesù Cristo, Barcellona 1848, p. 108

GLORIARSI DELLA CROCE DI CRISTO

A partire dall’anno 1859, mentre il Claret era a Madrid, si scatenò una tormenta di persecuzioni contro di lui. Poco dopo, Claret iniziò a orientare la sua imitazione di Cristo con la sofferenza per amore e in unione a quello che patì per lui: «tutto quello che mi dà pena lo soffrirò per amore di Gesù e in unione a quello che lui soffrì per me» (Propositi del 1861, in AEC p. 695). Questo è il motivo per cui scrive nella Definizione del Missionario: «gode delle privazioni, si rallegra delle calunnie, è felice nei tormenti» (Aut 494). Per un non «iniziato», chi scrive così sarebbe un volgare masochista; soltanto da un autentico innamoramento per Cristo può comprendersi questo anelito di configurazione totale a Lui, anelito caratteristico di Claret nella sua tappa madrilena (1857-68). Pochi conoscono il suo libretto Conforto di un’anima calunniata (si può vedere in EE pp. 219-236), in cui si trovano anche le chiavi di comprensione di questo processo.
Scrive Claret nel 1864: «Contemplavo Gesù Cristo, e vedevo quanto ero ancora lontano dal soffrire quello che lui ha sofferto per me, e così mi tranquillizzavo. Quest’anno ho scritto un libretto intitolato: Conforto di un’anima calunniata» (Aut 798). Si tratta di una finzione autobiografica nella quale dedica due capitoli alle persecuzioni e calunnie che soffrì Gesù e le parole di consolazione che lasciò dette.
Anche noi possiamo fare questo esercizio di purificazione. Leggendo i passi in cui la sofferenza è la protagonista nella vita di Gesù e confrontarle con le nostre. Imparare a soffrire è un grande compito del cristiano. Claret lo fece fissando lo sguardo in Gesù sofferente. Se noi lo contempliamo così, supereremo i brutti momenti della nostra vita, che forse arriveranno a convertirsi anche in una grande fonte di consolazione.

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