STIMA DELLA PROPRIA VOCAZIONE
L’attentato di Holguín diede occasione al Claret per ridimensionare alcune situazioni. Non è che per lui non era chiaro, non c’è dubbio. Ma le circostanze dell’attentato gli offrirono l’opportunità di riflettere ancor più in profondità sul significato della vita, della felicità o infelicità del suo prossimo, della sua propria identità come sacerdote, vescovo, ministro di Gesù Cristo.
Niente è più di niente. Neppure di meno. Tutti abbiamo la stessa dignità di figli di Dio e siamo anche cittadini di questo mondo. L’«infelice uomo» che attentò contro la vita del Claret non lo fece -secondo l’interpretazione dello stesso Claret- se non per ispirazione diabolica; ma è probabile che fosse molto confuso e spinto inconsciamente da coloro, che in un altro ambito, tramavano contro la vita e l’opera del santo arcivescovo. Claret perdona di cuore all’assassino.
E riflette sul fatto che l’attentato non è semplicemente contro di lui come uomo, ma che è, soprattutto, contro la sua condizione di uomo di Dio: sacerdote, vescovo, ministro di Gesù Cristo.
È importante riconoscere e assumere la nostra vocazione nella vita. Ogni vocazione è una chiamata al servizio, al compimento di un compito, alla realizzazione di un progetto che Dio affida ad ogni essere che arriva su questo mondo; siamo esseri fatti a immagine e somiglianza del Creatore, che abbiamo il compito di portare questo mondo al suo destino finale: essere una famiglia per tutti i figli di Dio.
Per questo è di grande importanza conoscere quali responsabilità abbiamo nella vita sociale. Perché ciò che facciamo o trascuriamo di fare ricadrà come beneficio o come pregiudizio sulla nostra vocazione e sulla qualità della vita degli altri.