18 Ottobre

Ott 18, 2018 | Claret con te

«Bisogna guardare e imitare continuamente l’umiltà e la mansuetudine di Gesù; l’umiltà è il fondamento di tutte le virtù; e come un grande edificio senza fondamenta cade, così tu cadrai se non sarai umile».
«Lettera al missionario Teofilo», in Sermoni per le Missioni, Barcellona 1858, vol. I, p. 11

AVERE I SENTIMENTI DI GESÙ

Vi è una costante nei vangeli, soprattutto in quello di Marco, che consiste nel fatto che, ogni volta che Gesù compie un miracolo o entusiasma la folla e questa lo esalta, lui impone silenzio e la congeda. In qualche studio sulla psicologia di Gesù si è considerato questo tratto caratteristico come segno della sua salute mentale.
Claret ebbe molti motivi per consegnarsi all’autoesaltazione. Anche nei momenti più difficili del suo ministero ci furono moltitudini che lo acclamavano come eroe. Nelle Canarie la gente si stringeva attorno a lui al punto che l’autorità doveva proteggerlo con transenne di legno; «portai con me solo cinque strappi nel mio vecchio cappotto, che la gente mi fece, perché si accalcavano intorno quando andavo da un luogo all’altro» (Aut 486). Al suo passaggio da Madrid prima del viaggio a Cuba, lo vollero ammettere nella vita degli aristocratici: «Mi fecero diventare pazzo nel ricevere e far fronte a visiti a persone di alto rango» (EC I, p. 424); gli si imposero croci, medaglie e con decorazioni… E quando arrivò e partì da quell’Isola lo fece accompagnato da una folla immensa e salutato dalle massime autorità.
Giunto a Madrid venne nominato confessore reale, e gli imposero nuove medaglie. In seguito riprese le sue predicazioni con esiti straordinari: gruppi di 4.000 e a volte 6.000 persone nel tempio (EC I, p. 1.441). Riuscì a migliorare la legge sull’educazione e che si promulgassero decreti a favore della moralità pubblica… Si guadagnò il cuore di molti Ministri; la Regina lo ammirava sino alla superstizione…
E in mezzo a tutto questo Claret mantenne sempre il grande criterio di imitare il più letteralmente possibile Gesù, anche nella sua umiltà e nelle sue preferenze per gli umili. Quando venne nominato confessore reale, diceva confidenzialmente a un amico: «Lasciatemi confessare i villani e i sempliciotti» (EC I, p. 1.335). un testimone del suo tempo alla corte dichiarava: confessa tutti i giorni nelle chiese la gente più povera… Non negò il dono di Dio, ma «in alto» si trovò sempre a disagio e si considerava «un cattivo asino caricato di gioielli» (AEC, p. 688).

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